Intermittenze dell'anima: da Stoian e Torrente a Guardiola e il Milan



In piedi dall'alba con quel desiderio irrefrenabile (non pensate a male) di scrivere un editoriale su un parallelismo tra la partita di ieri tra Milan e Barcellona e il Bari attuale di Torrente: è vero che si scrive per i lettori e, dunque, per la gente sempre distratta dalla sostanza e poco dai contenuti e, in questo contesto, nemmeno io mi sottraggo a questo tribunale mediatico, a volte infame ma fortunatamente per lo più gratificante, ma qualcosa mi spinge a non scriver nulla, a rimanere fermo dove sono con la tastiera, a far rimanere quelle idee nelle intermittenze del cuore, della mente, buone lì dove sono e non farle uscire.

Quelle intermittenze sbattenti come sliding doors delle pareti rocciose echeggianti intramoenia le parole di Torrente secondo cui "Bari (intesa come agglomerato urbano, come città potenziale, come tutto e non come mera società: il pensiero che hanno gli addetti ai lavori non baresi di Bari, ndr ovvero mia) NON può giocare senza attaccanti, nè può arrancare nel campionato di calcio italiano a prescindere dalla categoria: non è possibile. Bari è sempre stata e sempre sarà, per me, la città meridionale per eccellenza dopo Napoli, quella realtà a cui tutti "noi" guardiamo con attenzione e desiderosa speranza di arrivarci prima o poi, dove sono arrivato con enorme entusiasmo" dette a me in camera caritatis, e le gesta di Messi, ieri decisamente più terreno, e di quelle di Ibra, Boateng e i suoi fratelli, poveretti, rossoneri appena sottotono ma che non hanno affatto sfigurato contro i marziani di Guardiola, mi hanno messo in testa strane cose che avrei voluto trasformare in prosa, perduto come in certi giorni trascorsi, qui, a rincorrer il vento, a chieder un bacio e a volerne, come Catullo verso Lesbia, altri cento. Idea vagamente musical-letteraria che - per chi mi conosce saprà - centra molto col calcio barese.


Vite Parallele metaforicamente plutarchee tra il palcoscenico mediatico di ieri sera riconducibile, in qualche modo, a certe serate canicolari ferragostane baresi forzatamente ipocrite dei tornei sponsorizzati dai gestori telefonici, quelle che calamitano i tifosi occasionali che abbandonano per un paio d'ore i loro refugium peccatorum di Rosamarina o di Savelletri o della Selva ancora in bermuda e ciabatte ancora sporchi di salsedine e gonfi di vino bianco e allievi crudi molfettesi, e quelle di Stoian, di Torrente e del suo calvario (a proposito di pasqua) che sta sopportando, solo contro tutto e tutti, nel gestire non una squadra, paturnie, problemi e situazioni varie incluse, ma una società intera, avvolto nella mia penna da una immagine pasoliniana errante che salta sui sassi di Matera del Vangelo secondo Matarrese che, sicuramente, non verrebbe capita e compresa da certi miei lettori (non tutti per fortuna) che, come noto, preferiscono altre notizie come quella se Forestieri gioca o meno, o se a Ciccio Caputo, "fornaiolo frisellanime altamurano" e dai "piedi di storti" per taluni ma che, calatosi anima e corpo nel contesto kafkiano biancorosso, è diventato il trascinatore e goleador di questa fisiognomica di squadra, gli verrà ridotta la squalifica o, peggio, mostrando sciocco ostracismo verso l'allenatore perchè accecati dalle banale prosciuttate dello stramaledettissimo "gioco" carente in contrapposizione alla resa mai stata così essenziale come questo altrettanto stramaledettissimo anno in cui l'obiettivo è uno solo: la sopravvivenza del club e la sua iscrizione all'anno successivo, possibilmente in B. 
Ma come farglielo capire a quei 7? Scrivendolo in greco o in latino?

Un viaggio nelle utopie e nel disincanto guardando attraverso gli occhi, spettatori diretti, delle mie tribune stampe italiane, delle relative mixzone, delle interviste raccolte al volo nelle intercapedini dei passaggi quasi segreti sovietici degli stadi (poco)rimodernati italiani, delle facce truci, dei volti tristi di Borghese, di quelli da furbacchione di Stoian, di quelli teneri cerbiatteschi di Ceppitelli e di quelli da Ulisse navigato del generale Kutuzov: figure retoriche da contrapporre a quelle di Puyol, Messi, Ibra e Berlusconi sul finale nel tunnel carpale di San Siro spavaldo col maglione blu alla Marchionne, eternamente sorridente e con quella faccia tipica di uno che di li a poco tutto avrebbe fatto fuorchè andar a dormire come me, come noi comuni mortali con 100 ulteriori eurini in meno trattenuti in busta paga, ieri, anche per colpa sua, di quel San Siro le cui luci, ieri sera, nel vedere la partita, mi son sembrate accese ancora per Langella che affonda, salta Ambrosini e crossa al centro per Kutuzov che insacca. E i 10 mila biancorossi, lassù, nell'anello vicino a dio, tremanti, emozionati e festosi ad abbracciarsi tutti nel sogno effimero che di lì a breve, avrebbe preso il sopravvento nelle loro menti prese in giro ed insultate da 4 farabutti di calciatori scommettenti insieme ad altri ulteriori 4 non calciatori farabutti, tifosi tornati mestamente a cibarsi di panem et circenses e che al gioco hanno ricominciato ad anteporre l'importanza dei punti insaccati in una Costa Crociere biancorossa adagiata sulle secche in mezzo allo stretto tra Japigia e il West di Santa Fara. 

No, non scrivo nulla, meglio: troppo languide e tremanti le intermittenze del cuore, le allegorie, i paragoni, le metafore di una serata trascorsa sul divano di una casa in riva al mare, non mia, a bere vino Greco di Tufo ghiacciato in barba a qualche problema di troppo, guardando Sky a strisce rosso-nero-blu illuminate e colorate insieme ad una compagnia importante, non me lo permettono. Le intermittenze di una compagnia degna della serata, competente, leggermente malinconica quanto basta per invitarmi a nozze in una serata d'altri tempi, non mi permettono di scrivere come vorrei pur con la consapevolezza che Forestieri, sabato, non ce la farà per colpa di un Ficagna assimilabile a Lanna di qualche decennio fa, mentre Allegri può permettersi ben altro, con un gioco catalano buono come la celebre crema assaggiata nelle mie scorribande culinarie su e giù per l'Italia a prender appunti sul mio notes - diventato, per l'occasione, nero e non più rosso - sulle gesta baresi e simile a quello che ci propinerà Zeman, sabato, con 8 giocatori ad attaccare e... una artiglieria spuntata, grezza, quasi eternizzata (dal pericoloso agente radioattivo) composta dai generosi Borghese Dos Santos Ceppitelli De Falco Stoian (sia pur a mezzo servizio a causa di 4 tifosi che l'hanno subito idolatrato al primo dribbling, facendolo sentire importante), ed altri già spompati sin dal 20' e compagnia bella, lì, a tentar di arginare e di bloccar le trame in forma di rosa zemaniane, col pensiero che al loro posto ci sarebbero dovuti stare Sansone, Cau e Tiribocchi senza se e senza ma e non Marotta e Caputo che avrebbero dovuto crescere all'ombra dell'ultimo sole, laddove si era sopito il pescatore e non essere gettati nella mischia sin dal primo momento della vita, e col pensiero che, come la farà e farà, sabato, Torrente verrà criticato nonostante le cartucce che caricherà per contrapporre l'artiglieria abruzzese. 
Non verrei compreso. Meglio pensare ad altro.

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