E' difficile, ma devo dirla tutta

Cosa vuole sentirsi dire e a cosa vuole credere la gente?

Ho sempre creduto che la verità fosse la forma migliore per esprimersi: beh, niente di più sbagliato. Mi accorgo invece che la gente ha bisogno di illusioni, vuole essere presa in giro.
E' da tempo che scrivo editoriali sul Bari, coloriti, usando prosa, accomunandoli con la gastronomia, con la storia, con la musica, con la letteratura, insomma, tentando umilmente di regalare un prodotto alternativo a tanta cronaca e tante idee personali, serie e professionali, che snaturano un po' quello che dovrebbe essere sempre un "gioco".

Perdonerete questa mia visione del gioco un po' pasoliniana ma, pur essendo un gran tifoso del Bari e della qual cosa non devo dimostrare nulla a nessuno per i miei passati, la deontologia ha dovuto scindere questa doppia figura e, nonostante qualche difficoltà, grazie anche agli insegnamenti dei miei primi mèntori giornalistici (Pino Ricco e Nicola Lavacca) credo di esserci riuscito sia pur col tempo.

Ho tentato, con questa metrica, di riportarlo sui binari del gioco: infondo ci sono 22/28 giocatori in mutande che si calciano la vita dietro uno stupido pallone, mica ci sono i lavorati fiat, nè tanto meno i cassintegrati di varie aziende fallende e nemmeno gli sfrattati e gli zingari che nel 2011 nella capitale di'Italia si vedono bruciare i loro figli nelle baracche come nei periodi del medioevo. No. Ci sono ragazzi, più o meno sfacciati e viziati e che non dovrebbero dare l'esempio di moralità verso nessuno (tranne una/due eccezioni come Filippini del Brescia che, pur di giocare, ha accettato il minimo sindacale, vale a dire 1.800 euro al mese), che giocano a pallone come ci ho giocato io 30 anni fa nello scomparso campo del cimitero o al Mauruccio o al campo della Pirelli, al CEP.

Ho manifestato il mio pensiero libero da ogni forma di “controllo” sancito solo dalla giusta osservazione degli eventi da dove non ci sarebbe voluta una sfera di cristallo per capire come sarebbe finita, nè una laurea particolare, eppure quanto da me scritto e pubblicato con ampio anticipo e a volte anche urlato (nei forum), non ha trovato il meritato riscontro, anzi il mio pensiero il più delle volte è stato travisato e ho dovuto affrontare accuse, diffamazioni e critiche duramente negative oltre che offese e invidie (ma questo è storia, la si conosce bene pertanto lascio perdere).


Sono consapevole che anticipare i tempi, esprimendo un giudizio, a volte può oltre che a dar fastidio al mio ambiente giornalistico, incutere paura nel prossimo (è come dare un consiglio ad un amico per tenerlo lontano dai guai per evitare di dirgli la classica frase “te l'avevo detto”) ma fare come gli struzzi e nascondere la testa nella sabbia non migliora di certo la situazione, la realtà è quella e non cambia, ed io ho sempre avuto la testa alta, senza timore alcuno, anche a costo di essere smentito.

Oggi, come spesso capita - a distanza di mesi - quanto da me pubblicato, detto e anticipato, è diventato guarda caso “attualità” con l'unica differenza che è stata manifestata e divulgata da altri, tifosi, amici, parenti e colleghi, assumendo un aspetto completamente differente, nel senso realistico, trasformandosi nella classica “manna dal cielo” da cui tutti possono attingere per nutrire la mente permettendogli di dare consigli quando ormai è troppo tardi.

Insomma, è come se nella mia tavola abbia serivto un dolce alla crema ai miei commensali e questi nel abbiano preso tutte le fette, lasciandomi ingratamente e invidiosamente solo le briciole.

E allora, vorrete perdonarmi, ma ancora più forte sento il dovere di gridare al mondo intero, con onestà intellettuale ma anche con un gran senso di imbarazzo e di disagio che "ancora una volta, non solo ci avevo visto bene, ma ho avuto ragione".

Massimo Longo

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