Il percorso della fede: San Nicola (BA)-Via del Mare (LE)

Sembrava un viaggio della speranza. Uno di quelli che, ciclicamente, organizzano le associazioni clericali per raggiungere e pregare qualche madonna ubicata oltr'alpe volte al classico miracolo della carrozzella gettata via, una volta per tutte, stampelle incluse.
E dallo stadio San Nicola, incolonnata come un torrente impazzito fatto, però, di ferro e gomme, è salpata una crociata di auto e autobus per un percorso di fede biancorossa - ultima cosa in cui i tifosi baresi sperano oltre alle scommesse snai - voluto, deciso e studiato nei minimi particolari dalle questure baresi e leccesi, sotto l'egida dei due prefetti. Un percorso che, a detta delle informative giunte alla questura, avrebbe potuto rendere la SS.16 prima, la SS.379 dopo, e la SS. 613 fino a Lecce come un Fiume Sand Creek con relativo assassinio di donne, bambini e tutto quanto riconducibile al giallorosso sarebbe capitato davanti ai pelli(bianco)rossi baresi.
Sicuramente si è esagerato nel preoccuparsi ma hanno fatto bene i prefetti a cautelarsi minuziosamente perchè abbiamo constatato con mano, avendo seguito volutamente il fiume della speranza andando anche a 20 all'ora in taluni tratti, l'assoluta tranquillità con cui i tifosi baresi si sono recati a Lecce dovuta all'efficienza delle forze dell'ordine ubicate un po' dappertutto, dalle autogrill alle corsie d'emergenza, dagli svincoli ai cavalcavia.



Sembrava davvero una giornata di festa, di felicità, di speranza, di attesa, quell'attesa tanto agognata da troppo tempo e, invece, venuta meno. Una giornata peraltro di festa da calendario "rosso" in quanto era l'Epifania e in tanti hanno pensato di lasciare la calza ai propri figli, mettersi in auto, e raggiungere Lecce con la speranza di trovare nella calza della befana leccese quei tre punti tanto sperati.

Bandiere biancorosse fuoriuscenti dai finestrini delle auto, vessilli stilizzati e striscioni inneggianti a Barreto (inconsapevole che di lì, a poco, avrebbe perso il trono per Okaka) attaccati sui vetri posteriori degli autobus quasi a rievocare vecchie e memorabili trasferte a San Benedetto del Tronto accompagnate (chi c'era, sa) da birreperoni immerse nelle sbarre di ghiaccio e da ceste di allievi "sporchi" appena tirati su dalle reti di qualche pescatore, che si sarebbero arricciati strada facendo; ragazzi che, goliardicamente, si fermavano sulle prime piazzole di sosta utili per una cameratesca e goliardica “pisciata in compagnia” dovuta al troppo malto ingerito sin dalla mattina al posto di un più corroborante caffè, il cui humus, senza l'accordo delle questure, si è unito in un ideale gemellaggio con quello dei campi oltre il guard-rail tra le province di Bari Brindisi e Lecce.
In campo invece, con tutta obiettività, non si è visto un gran calcio, anzi, fino al '82 si son viste due squadre che meritano il posto in classifica, due squadre con grossi limiti in attacco e in difesa (difesa più battuta contro attacco più sterile), che a stento hanno bandito qualche azione degna di cronaca. Fino all'entrata del nuovo re di Bari Stefano Okaka - ormai nella leggenda barese per default - entrata voluta da Ventura il quale ha capito bene che, vista la sterilità perpetua della batteria d'attacco barese, quella del neoreclutato romansita, genitori al seguito e di una spanna superiore in termini qualitativi rispetto ad altri, sarebbe stata l'arma vincente. Detto fatto. Gol, bellissimo, apoteosi in curva e tanti saluti ai leccesi e abdicazione di Barreto dal trono mentale dei tifosi baresi a cui, si sa, basta poco per idolatrare un personaggio.

Infine due parole sul pubblico: crediamo fermamente che abbia vinto lui, anche quello leccese. Sani, simpatici e fisiologici sfottò come quelli di una volta, hanno echeggiato per il Via del Mare quasi a voler sancire un ritorno al passato, a quei derby dove a deciderlo erano gli ultimi guizzi dei vari Rizzo (ieri in panchina al posto di De Canio), di Virdis o di Loddi e Montenegro (ma che ne sanno gli ultrà di oggi....) o di Giuann Loseto e di Tavarilli.

Una giornata di sano tifo filtrato senza esagitati che, a detta di molti ragazzi baresi presenti a Lecce ed intervistati, sarà ricordata a lungo per l'assoluta libertà di espressione, di tifo libero senza diktat imposto dai capi della tifoseria, senza cessi rotti, dove ognuno poteva tifare come voleva incitando i beniamini guardando attenti la partita e non, invece, dandone le spalle inneggiando alla guerriglia, sia pur fittizia, e alla difesa della città (sic!) magari consumati di luppolo nel fegato. Bene così.
La terza vittoria di fila a Lecce non può, tuttavia, oscurare l'incapacità nel manetenere un giocattolo in vita da parte dell'AS Bari per quanto quella di ieri sia stata una vittoria dal peso specifico notevole perchè va quasi a riacciuffare l'ultimo vagone del treno della speranza. Adesso occorre dare continuità, quella che è venuta meno fino adesso. O meglio quella che è sempre stata costante per tutto il 2010, purtroppo, ma nelle sconfitte. Avanti Bari.

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